venerdì 12 dicembre 2014

Il tramonto del corsivo


In Finlandia abolito dalle scuole: non serve per il pc
Gli studiosi: un errore, cambia il modo di pensare

Vittorio Sabadin

"La Stampa", 12 dicembre 2014

La capacità degli esseri umani di scrivere a mano sta scomparendo, non proprio nell’indifferenza generale, ma quasi. In Finlandia, lo Stato ha deciso che non è più necessario insegnare la calligrafia agli studenti: in un mondo nel quale tutti scriveranno sempre di più su tastiere elettroniche è tempo perso. Insegnare a usare bene un iPad è invece più utile per la vita di tutti i giorni. Anche in Indiana, negli Stati Uniti, la scrittura è diventata una materia facoltativa: i docenti hanno sempre più cose da fare e bisogna cancellare i programmi che non sono prioritari, concentrandosi su quelli più tecnologici. 
I difensori di penna e foglio di carta sono sempre meno e rischiano di apparire antichi come un papiro egizio. L’abitudine a scrivere a mano è ormai così deteriorata che in Gran Bretagna una persona su tre non è in grado di leggere la propria calligrafia e non ha scritto nulla a mano negli ultimi tre mesi. Rin Hamburg sul Guardian ammette che i suoi parenti hanno bisogno di aiuto per leggere i biglietti di auguri che ricevono da lei. Da anni tiene un diario, ma non lo nasconde più, perché nessuno sarebbe comunque in grado di decifrarlo. 
Anche chi ha imparato a scrivere copiando alle elementari migliaia di vocali e consonanti in bella calligrafia scopre oggi, dopo decenni al computer, di avere difficoltà a leggere i propri appunti scritti a mano. Meglio prenderli sul blocco note dell’iPhone: si fa più in fretta, sono più chiari e non bisogna cercare in tasca penna e carta. E’ tutto dunque così semplice? Stiamo assistendo all’ennesimo sviluppo tecnologico, al passaggio da un modo di fare le cose a un altro che ha sempre caratterizzato l’evolversi della civiltà?
Gli scienziati che studiano l’evoluzione del cervello umano sono molto più preoccupati, come gli insegnanti e i genitori avveduti, per la progressiva perdita della capacità dei ragazzi di scrivere a mano. La scrittura non è innata, non è genetica, va insegnata. Più di 6000 anni fa, i Sumeri crearono le prime scuole di scrittura: sulla metà superiore di una tavoletta di cera erano incisi alcuni caratteri cuneiformi; gli studenti dovevano ricopiarli sull’altra metà, usando uno stilo. Mentre facevano questo, il loro cervello cambiava. In Proust e il calamaro: storia e scienza del cervello che legge, la neuroscienziata Maryanne Wolf spiega i benefici dello scrivere a mano: «Il cervello diventa un alveare di attività. Una rete di processi si mette in azione: le aree di associazione visuali rispondono a modelli visivi o rappresentazioni; i lobi frontali e temporali e le aree parietali forniscono informazioni ed elaborano significato, funzione e connessioni».
Circa un terzo del nostro cervello si mette all’opera quando scriviamo a mano, molto di più di quando scriviamo sull’iPad. E’ forse per questo che ricordiamo meglio le cose scritte a penna: ogni ricerca ha confermato il legame tra la scrittura e la capacità di apprendere. Molti compositori, per affinare la loro arte, ricopiano a mano gli spartiti dei grandi maestri della musica: è l’unico modo per scoprire dove si nasconde la grandezza. Lo stesso fa a volte chi vuole diventare scrittore: ricopiare a mano un testo dell’autore preferito consente di comprenderne meglio la tecnica. 
Secondo il semiologo Umberto Eco, la fine della scrittura a mano è cominciata molto prima dell’era dei computer, addirittura con l’invenzione della penna a sfera. «La gente – ha rilevato - non aveva più interesse a scrivere in quanto, con questo prodotto, la scrittura non ha anima, stile e personalità. La mia generazione ha imparato a scrivere a forza di ricopiare in bella grafia le lettere dell’alfabeto. Può sembrare un esercizio ottuso, ma l’arte della scrittura insegna a controllare le nostre dita e incoraggia la coordinazione occhio-mano». 
Sembra non esserci più nulla da fare. Le scuole si sono arrese, o cominciano a farlo. I difensori della bella calligrafia si ritrovano ormai come una specie in estinzione nelle riserve loro destinate: le scuole private di scrittura, i club, i concorsi. Ma sarebbe bello, almeno a Natale, almeno per un altro po’, e finché sappiamo ancora farlo, spedirsi un caldo biglietto di auguri scritto a mano, invece del gelido «copia e incolla» frettolosamente inviato senza distinzione a tutta l’agenda dello smart phone.


“È la scrittura più simile al fluire del pensiero”
La calligrafa: “Aiuta a concentrarsi Ci caratterizza, è diverso per ognuno”

intervista di Lorenza Castagneri

«Agghiacciante». Così Francesca Biasetton, artista e calligrafa, autrice di Unique. What it says, how it looks, commenta la decisione delle scuole finlandesi di non insegnare più il corsivo. «Una follia. Questo è proprio il tipo di scrittura più importante nella fase dell’apprendimento. Abbandonarlo è controproducente». 
Perché?
«Nel corsivo, le lettere hanno le legature e si scrivono tutte unite tra loro: una rappresentazione grafica che, per prima cosa, facilita molto la vita del bambino, che non deve staccare di continuo la penna dal foglio a differenza dello stampatello. Non solo: ciò aiuta ad abbinare meglio i segni ai suoni, a sillabare, e, di conseguenza, si impara a leggere più facilmente». 
E le abilità di composizione del testo?
«Anch’esse vengono favorite con il corsivo, perché è il modo di scrivere che più si avvicina al fluire del pensiero umano. È lo stile a noi più familiare, anche se è diverso da persona a persona. E ciò ci caratterizza». 
Eppure, anche in America alcuni Stati hanno abolito da anni questo tipo di grafia. Non ha l’impressione che la scrittura a mano sia sempre meno importante?
«Assolutamente sì e questo è un male. Mettere per esteso dei concetti attraverso la penna o la matita sviluppa, innanzi tutto, la capacità di organizzare gli spazi sul foglio e impone il rispetto di determinate regole. Inoltre, potenzia la motricità fine e migliora la coordinazione tra il cervello e la mano». 
È vero che scrivere a mano aiuta anche a immagazzinare meglio le informazioni?
«Ci sono ricerche che lo dimostrano. Prendendo appunti in modo tradizionale siamo più concentrati e interiorizziamo di più quello che si ascolta. Tuttavia, ciò non vuol dire che non si debba imparare a scrivere con la tastiera. Anche questo è importante».
Che cosa intende?
«Tecnologia e tradizione non si escludono a vicenda. Nella comunicazione quotidiana di oggi è normale darsi un appuntamento via sms, eppure le lettere d’amore e le condoglianze continuano a essere scritte a mano. Insomma, tutto dipende dal messaggio che dobbiamo trasmettere». 
Steve Jobs, ex studente di calligrafia e poi fondatore di Apple, sintetizza questo legame?
«Esatto. Jobs ha sempre ammesso che senza aver frequentato quel corso non avrebbe potuto creare il Mac. Ciò dimostra che passato, presente e futuro sono complementari. E che il corsivo merita di essere ancora insegnato».

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