domenica 9 novembre 2014

Ciò che sta prima del suono

Arnaldo Benini


"Il Sole 24 Ore - Domenica", 9 novembre 2014

Il silenzio si sente. Mentre tutti gli altri organi di senso trasmettono alla coscienza la presenza di un evento fisico (un odore, la temperatura, un sapore, un colore, ecc.) l'udito trasmette non solo i suoni, cioè le vibrazioni dell'aria, ma anche la loro assenza. Il silenzio non è un'assenza, come l'inattesa mancanza di profumo di un fiore, ma una presenza carica spesso di significati e di emozioni. Presenza di che cosa, se nulla stimola il complesso e sensibilissimo meccanismo uditivo? 
Già diversi anni fa si è visto che l'attività elettrica della corteccia cerebrale uditiva dei lobi temporali cambia, ma non cessa, se la stimolazione proveniente dalle orecchie s'interrompe. Il silenzio è sentito, e non visto, annusato o toccato, perché esso è dovuto a un campo elettrico delle aree della sensibilità acustica, stimolate, sembra, dagli strati superficiali della corteccia della parte dorsale della fessura di Silvio, dalla corteccia parietale e di quella temporale. La stimolazione è costante, per cui, non avendo né timbro né voce, il silenzio, a differenza del suono, non cambia mai. Ancora non chiaro è il movente della stimolazione. La corteccia cerebrale dei lobi parietali e temporali è collegata ampiamente ai centri della memoria e dell'affettività, e quindi della paura, della gioia, della dolcezza, della tranquillità, del desiderio, della speranza, dello sconforto, del rimorso, della rassegnazione, della malinconia, dell'impazienza, degli stati d'animo, cioè, che possono emergere nel silenzio. Il silenzio, diceva Leopardi, «è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell'amore, dell'ira, della maraviglia, del timore» e Robert Musil trovava che nel silenzio «del mare d'estate e dell'alta montagna in autunno v'è una musica più alta d'ogni altra musica terrena». Il silenzio si tinge degli stati d'animo e delle sfumature della vita. La fenomenologia del silenzio è parte stabile e strutturata dei meccanismi della conoscenza, cioè del rapporto col mondo e con la nostra interiorità. 
Di molti aspetti della percezione del silenzio, e non solo del suo ruolo fondamentale nella musica («il silenzio in musica è stato un mistero che mi ha sempre attratto»), il violoncellista di statura internazionale Mario Brunello fa una descrizione di grande acutezza e sensibilità. «La sensazione provata alla fine di ogni esecuzione» scrive «è non rimane altro che il silenzio». In alcuni eventi musicali ciò determina l'emozione della musica in una misura e con una qualità altrimenti inimmaginabili. 
Nel libro ci sono osservazioni acute, sorprendenti e vere. Ad esempio, che in alta montagna il silenzio è verticale, mentre nel deserto è orizzontale. Ciò richiama la differenza fra la profonda e serena percezione del silenzio in chiese paleocristiane, romaniche e gotiche da quella in cattedrali barocche, dove, a volte, il silenzio non si riesce a sentire. Non è sempre facile seguire la guida di Brunello nelle sue esperienze del silenzio, perché la trafila delle emozioni è diversa da persona a persona. La sua elaborata analisi delle emozioni del silenzio è una conferma dei meccanismi cerebrali che l'evoluzione ha selezionato per la loro capacità di contribuire alla coscienza del senso della vita.

Nessun commento:

Posta un commento