lunedì 1 settembre 2014

Crescita della conoscenza. Gloria postuma per i precursori


Camilla Tagliabue

"Il Sole 24 ore - Domenica", 31 agosto 2014

Darwin sosteneva che, «nella scienza, il prestigio va all'uomo che convince il mondo intero, non a quello che ha avuto per primo l'idea». Anzi, spesso, gli Scienziati troppo avanti, dal titolo del bel saggio di Laurent Lemire, rischiano di essere sbeffeggiati, emarginati, dimenticati: sono «precursori in anticipo sui tempi», ma vengono presi per pazzi; sono Cassandre dall'eco flebile e ininfluente; sono geni incompresi e inconcludenti. Il giornalista intende ora riabilitarne le sorti, raccogliendo e riaffabulando le vite di venti luminari della scienza, che hanno avuto ragione troppo presto e, perciò, sono stati tacciati di irragionevolezza: da Arrhenius, tra i fondatori della climatologia e premonitore dell'effetto serra, a Duchesne, pioniere della batteriologia 32 anni prima di Fleming, dalla materia oscura dell'odioso Zwicky al bosone del profetico Higgs. 
Qui sfilano tutti i più visionari e bistrattati intellettuali di sempre, le cui scoperte e intuizioni furono snobbate o derise dai loro contemporanei, salvo poi riscrivere la storia del sapere. Qualcuno, come Niccolò Copernico e Georges Lamaître, ottenne un riconoscimento postumo grazie al vocabolario: la Rivoluzione dei corpi celesti porterà per sempre il cognome del primo, mentre l'espressione Big Bang si deve a un detrattore del secondo, la cui «teoria dell'atomo primigenio basata sulla relatività generale» non fu capita neppure da Einstein, ampiamente citato nel capitolo sul suo celebre avversario, quell'Henri Poincaré che fu «a un passo della teoria della relatività». Il matematico francese aveva «tutto in bella mostra e non ha notato niente», quindi la paternità della «nuova meccanica» gli fu scippata, nel 1905, dallo scapigliato fisico tedesco.
Ghiotta e curiosa, questa singolare contro-storia della scienza ha molti meriti divulgativi e non pochi aneddoti di cronaca, tra gossip ed erudizione, chicche storiografiche ed episodi pruriginosi: si scoprono così le ossessioni necrofile di Andrea Vesalio, che trafugava i cadaveri per sezionarli e disegnarli, e l'attrazione di Francesco Redi per vermi e parassiti, tanto da inventare l'elmintologia. 
E ancora, l'erotomane Maupertis che, tra una donna e l'altra, formulò il principio di minima azione; Semmelweis, il medico amato da Céline, che morì in una clinica psichiatrica in preda ai deliri; il dandy Nopcsa che fu il primo a capire la parentela genetica tra dinosauri e uccelli; il meteorologo Wegener che ipotizzò la deriva dei continenti per poi soccombere tra i ghiacci di Groenlandia; la lesbica Rachel Carson, ecologista ante litteram; l'eccentrico e burlone Gold, cui si deve la teoria dello stato stazionario. 
Ma l'avventura più memorabile e tragica è quella del geometra André Bloch, internato per 31 anni nel manicomio di Charenton (lo stesso di Sade), dopo aver sterminato il fratello e gli zii: i genitori li aveva già persi in tenera età. Lui puntualizzava: «È un fatto di logica matematica. C'erano troppi malati di mente nella mia famiglia». E così ebbe il tempo di dedicarsi all'analisi complessa, mettendo a punto pure un teorema che porta ancor'oggi il suo nome.
Tuttavia, anche quando le vicende dei personaggi sono note o prosaiche, l'autore sfoggia un'irresistibile verve narrativa, per cui Gregor Mendel è «il giardiniere celeste», «Leonardo da Vinci la Wikipedia del Rinascimento» e Vladimir Vernadskij un «geochimico russo con una certa tendenza all'arte drammatica: parla come il dottore Michail di Zio Vanja». Infine, Charles Wilson, anch'egli canzonato da Einstein, «è stato preso per strambo perché cercava di creare nuvole in laboratorio»: eppure, non stava coltivando cirri e cumulonembi, ma solo inventando la «camera a nebbia» per rendere visibili le particelle subatomiche. Come diceva uno scrittore: «Ci siamo affidati alla tenebra come se fosse una scienza». Alcuni, però, ci hanno visto giusto.

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