domenica 1 dicembre 2013

Le «!Balle!» della scienza


Così Fermi rimproverò Pontecorvo

I quaderni dei ragazzi di via Panisperna

Mariia Antonietta Calabrò

“Corriere della Sera - La Lettura“, 1 dicembre 2013

Grafie minute, annotazioni, cancellature, e numeri, ancora numeri: in colonna, liberi e raggruppati, separati da linee. La reazione a catena oggi è un topos del linguaggio comune. Non si dice, forse, che anche in politica, economia o addirittura nei rapporti sociali, si è innescata una reazione a catena? Il linguaggio è traslato dalla fisica dove definisce il processo in base al quale sono stati possibili sia l’energia nucleare che la bomba atomica. Una scoperta che ha cambiato la storia del mondo. 
I « ragazzi» di via Panisperna (Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, Ettore Majorana, ai quali nel 1934 si aggiunsero Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D’Agostino) guidati da Enrico Fermi fecero una scoperta fondamentale per ottenere una reazione a catena, cioè il metodo per rallentare i neutroni, attraverso la paraffina. Come si è giunti alla scoperta è testimoniato dalle annotazioni in un piccolo quaderno compilato a mano, noto finora solo a una ristretta cerchia di specialisti di storia della scienza. Eccolo qui, per studenti universitari e non, e per la più ampia comunità scientifica, in Italia e all’estero, che naturalmente «sa» tutto di questo, ma che probabilmente non ha mai «visto» la dimostrazione e le misure originali. Si tratta del cosiddetto «Quaderno di Amaldi», nel senso che era di proprietà di Edoardo Amaldi, tanto che nella prima pagina era annotato anche il suo indirizzo di casa, ma che di fatto era il quaderno di lavoro di tutti i «ragazzi». Fino a raggiungere la prova: il rallentamento di neutroni tramite la paraffina. Con tanto di data annotata in cima alla pagina: «20 ottobre 34»; e due colonne per far vedere l’effetto subito dai neutroni con la paraffina e senza. 
«Per me, vederlo è stato come salire sul Sinai, la sensazione è stata di sacralità e di curiosità insieme, perché hai davanti qualcosa che costituisce i fondamenti di ciò che oggi conosciamo, quasi le Tavole della legge, e insieme sei spinto a capire le difficoltà che hanno incontrato. E che ogni passo è stato fatto di sforzi enormi. È come avere davanti l’immagine di una scalata, sei impressionato da come sono arrivati in vetta». Descrive così le sue emozioni davanti a queste carte, Franco Cervelli, dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare e docente di Macchine acceleratrici all’Università di Pisa, che lavora con il Nobel Samuel C. C. Ting e ha costruito la macchina per la ricerca della materia oscura installata sulla stazione spaziale internazionale. 
Dopo la scoperta del 20 ottobre 1934, Fermi volle vedere, in modo sistematico, l’effetto dei neutroni lenti su tutti gli elementi della tavola di Mendeleev. Queste misurazioni condotte dai «ragazzi» sono raccolte in un secondo quadernetto, verde, che lui stesso volle chiamare Thesaurus Elementorum Radioactivorum , per indicare dal suo stesso nome che conteneva informazioni preziosissime. 
Quello che è più straordinario è che nel procedere alle misurazioni talvolta venivano compiuti degli errori, com’è testimoniato dagli appunti. Anzi, è proprio la segnalazione di un errore, la più clamorosa annotazione a mano del Thesaurus . E non c’è scritto semplicemente «errore», o «sbagliato», ma in modo politicamente molto scorretto, un ben più sonoro e a tutto tondo: «!Balle!» con tanto di due punti esclamativi, prima e dopo la parola. 
L’eccezionalità della nota rimanda a quella della situazione in cui fu fatta. Ed è costituita da queste circostanze: i calcoli, sbagliati, per le misure sul nichel erano di Pontecorvo. E la solenne bocciatura di quelle misurazioni, di pugno, di Enrico Fermi. 
«!Balle!» scritto per ben due volte. 
Pagine ingiallite e fogli millimetrati che fanno parte del Registro B1 del Fondo Enrico Fermi conservato presso la Domus Galileana di Pisa che ne ha autorizzato la pubblicazione su «la Lettura». Le carte stanno in cassaforte su due ripiani dedicati. Una parte dei quaderni è riposta dentro alcune buste; la corrispondenza, i dattiloscritti e la miscellanea sono inseriti in cartelle a loro volta conservate in una scatola; alcuni report e parte dei quaderni sono sciolti. Tutto il materiale è stato ordinato e inventariato nel 2000 dalla professoressa Nadia Robotti, ordinario di Storia della fisica all’Università di Genova. Copia di questo inventario è conservata in cassaforte unitamente al fondo. Tutte le carte sono disponibili su microfilm. La corrispondenza e parte dei quaderni, inoltre, sono stati scansionati e sono disponibili su formato elettronico. 
Il Fondo Fermi è arrivato alla Domus per donazione (avvenuta a partire dal 1957, come attesta la corrispondenza conservata) per il tramite di Edoardo Amaldi, insieme agli strumenti di fisica utilizzati da Fermi nei laboratori di Roma. Gli strumenti furono riconsegnati a Edoardo Amaldi nel 1983, tranne le sorgenti radioattive che sono tuttora presso la Domus Galileana. Per incuria e in modo del tutto casuale, le «sorgenti» utilizzate dallo scienziato a Roma, in via Panisperna, negli anni 1934-37 infatti non vennero rispedite nella Capitale perché gli addetti al trasporto, ritenendole pericolose per la salute, le abbandonarono in un armadio, da cui sono state «recuperate» nel 2000. 
Sulle carte si tramanda anche una leggenda che allude a un presunto giallo storico legato agli anni della guerra, all’avanzare del fronte alleato, allo status di Roma Città aperta. Al fatto che qualcuno avrebbe voluto mettere in salvo le carte perché non cadessero in mani naziste. O forse, all’opposto, in mani alleate. Una leggenda che, in quest’ultimo caso, avrebbe avuto a che fare con la scelta di campo attuata da Pontecorvo in seguito, un anno dopo la data in cui venne scattata la foto che in questa pagina lo ritrae con Enrico Fermi all’Olivetti, e cioè quando, nel 1950, volontariamente si trasferì in Unione Sovietica, in piena guerra fredda. Una traccia della leggenda di un arrivo materiale delle carte durante la guerra si riscontra addirittura nel sito ufficiale della Domus, lì dove è scritto: «Non sempre è possibile ricostruire la storia archivistica di questi fondi e documentare con precisione l’acquisizione dei materiali, perché avvenuta in periodo bellico (1942-44) e quindi con oggettive difficoltà materiali e in maniera non continuativa e omogenea». 
Sta di fatto che quelle carte adesso sono a Pisa, nella cui università ha studiato Fermi, dopo aver dato i natali a Galileo Galilei, nel 1564, e a Pontecorvo (sul litorale, a Marina di Pisa) nel 1913. 
Per celebrare i 450 anni della nascita dell’iniziatore della scienza moderna, Galileo appunto, a Palazzo Blu, a partire da marzo e fino a giugno del prossimo anno, sarà aperta al pubblico una grande mostra (curata dal professor Cervelli e da Vincenzo Napolano) dal titolo suggestivo, che riprende l’annotazione sarcastica di Fermi (!Balle!): «Balle di scienza». Sottotitolo: «Storie di errori prima e dopo Galileo», di «meriti e cantonate». «Visto che anche i più brillanti cervelli — persino Einstein, si leggerà sui pannelli — possono sbagliare». Parola d’ordine: «Si impara dai propri errori». In mostra ci sarà anche parte del materiale che pubblichiamo in queste pagine, che gli studiosi hanno riaperto e riletto proprio per questa occasione. 
Così la scienza torna ad essere non un’apodittica verità, ma il frutto d’eccellenza di un’attività umana. «La storia della scienza, se fosse considerata qualcosa di più che un deposito di aneddoti o una cronologia, potrebbe produrre una trasformazione decisiva dell’immagine della scienza da cui siamo dominati», cioè di una scienza meccanicista e riduzionista, scriveva, ormai cinquant’anni fa, Thomas S. Kuhn, epistemologo e filosofo che ha insegnato a Princeton e al Mit di Boston nel suo fondamentale La struttura delle rivoluzioni scientifiche . Quanto Kuhn aveva auspicato non è ancora universalmente accettato, forse neppure nella comunità scientifica, sicuramente non nella vasta opinione pubblica. Quello di Kuhn era un testo non baconiano che tuttavia teneva fede al detto di Francesco Bacone: «La verità emerge piuttosto dall’errore che dalla confusione». Parafrasando Fermi, la verità emerge proprio dalle !Balle!. 


Raggirati da un tavolo di legno

I professori della Facoltà di scienze li chiamavano «i ragazzi di Corbino» perché era stato Orso Mario Corbino a chiamare nel 1926 il ventiseienne Enrico Fermi, per coprire la nuova cattedra romana di Fisica teorica, insieme al coetaneo Franco Rasetti, nominato assistente. Corbino aveva poi invitato i migliori studenti d’ingegneria a passare a fisica anticipando nuovi importanti sviluppi. Emilio Segrè e Edoardo Amaldi avevano aderito e si erano da poco laureati quando Bruno Pontecorvo giunse da Pisa. Penso che nessuno sappia quando e come sia nato l’appellativo «i ragazzi di via Panisperna». All’inizio del 1934 Fermi scoperse che i neutroni producono molti nuovi isotopi radioattivi perché penetrano facilmente nei nuclei atomici non essendo respinti, perché privi di carica elettrica, dalla carica positiva dei nuclei stessi. Per l’estate il gruppo romano aveva scoperto più di venti nuovi isotopi radioattivi e aveva pubblicato molti lavori. Come mio padre mi ha raccontato più volte, dopo una serie di lezioni in Sud America Fermi era in nave diretto a Londra per partecipare a un importante congresso quando con Emilio osservarono, irradiando un cilindretto di alluminio, un nuovo radioisotopo. Avendo avuto comunicazione telegrafica della scoperta, Enrico ne parlò in una delle sessioni del congresso. Qualche giorno dopo Edoardo cercò di ripetere le misure, mentre Emilio era a letto con un grosso raffreddore, ma non osservò più la stessa radioattività. Dovettero quindi subire le aspre prese in giro di Franco quando decisero di inviare un altro telegramma a Fermi, che ne fu molto seccato. Qualche giorno dopo Edoardo e Bruno, che all’epoca avevano 26 e 21 anni, si misero a fare misure sistematiche, ma non riuscivano a ottenere risultati riproducibili: uno stesso materiale irradiato dalla stessa sorgente un giorno si attivava molto, il giorno dopo pochissimo; le critiche e le prese in giro degli altri «ragazzi» li fecero soffrire per qualche settimana. Il mistero fu svelato il 20 ottobre: i neutroni — che, emessi dalla sorgente, urtano nuclei d’idrogeno — sono rallentati e producono più efficacemente isotopi radioattivi. Le differenze di attivazione osservate in settembre erano dovute al fatto che una volta l’esperimento era fatto su un tavolo di legno, che contiene idrogeno, e un’altra su un tavolo di marmo, che non ne contiene… 



Come abbozzi prima di Guernica

Paolo Giordano

Il ritrovamento di un notebook di Enrico Fermi è paragonabile alla scoperta in una soffitta di un quaderno di Rimbaud o di una cartellina contenente gli schizzi preparatori al Guernica di Picasso. Le pagine del fisico, ognuna dedicata allo studio di un elemento della tavola periodica, confermano da una parte la pazienza, il rigore e la meticolosità che precedono una scoperta scientifica, ma al contempo aprono uno spiraglio sul coinvolgimento passionale e selvaggio del ricercatore che si avventura in una zona di penombra, perciò non ha tempo di rispettare i margini né di cancellare gli errori, se non con un tratto spazientito di penna. Egli è così rapito (emotivamente rapito) che, di fronte all’evidenza di un campione di nichel impuro, scrive a caratteri enormi la parola «!Balle!», con tanto di punti esclamativi enfatici all’inizio e alla fine, in un’imitazione bizzarra dell’ortografia spagnola. Il Thesaurus Elementorum Radioactivorum, a dispetto del titolo pomposo, appartiene a un tempo in cui era ancora permesso a un gruppo di ragazzi volenterosi incontrare la nuova fisica in una stanza. Oggi, per dare la caccia a una sola particella, sono necessari lo sforzo congiunto di migliaia di menti, frazioni del prodotto interno lordo di svariati Paesi e macchine mostruose; i dati viaggiano su fibre ottiche e vengono immagazzinati in torri di memoria al silicio. I notebook compilati a mano sono manufatti di antiquariato, feticci per romantici e vengono al più utilizzati in certi corsi all’università. È forse anche quest’aria rétro a conferire fascino alle pagine ingiallite sotto la grafia di Fermi. Ma non solo. È soprattutto la consapevolezza odierna del potenziale luminoso e insieme pericolosissimo dischiuso dai dati del Thesaurus: il rallentamento dei neutroni esplorato da Fermi & Co. rese possibile la manipolazione della radioattività nucleare, che da fenomeno osservabile divenne grazie a loro un campo di applicazione infinitamente esteso e, come sappiamo, oltremodo insidioso. Tutt’altro che «balle», insomma. 

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