mercoledì 13 novembre 2013

Razzie di guerra. Storia di Rodolfo Siviero



Lo 007 dell’Arte che salvò i capolavori dalle SS

Marco Filoni

                                                        “
il Fatto
“, 
 8 novembre 2013

A vederlo, nulla tradiva il suo reale lavoro. Come una vocazione nascosta, il mestiere di spia era celato con grazia. Sembrava un professore: il portamento elegante, la fronte alta, l’incedere distinto e l’eloquenza gentile. Non assomigliava allo stereotipo degli 007, focosi amanti e novelli avventurieri, che si stava costruendo in quegli anni. Eppure Rodolfo Siviero è stato proprio questo: un agente segreto, baldanzoso, che con nonchalance e agio si muoveva fra le fila dei nemici. E quei nemici erano le SS dell’occupazione nazista in Italia, in particolare il Kunstschutz, il reparto militare tedesco voluto da Göring che con la scusa di proteggere le opere d’arte dai bombardamenti alleati requisiva il nostro patrimonio. Del resto ancora oggi si scoprono, inaspettate, tracce di quelle razzie.
Rodolfo Siviero era nato in provincia di Pisa, nel 1911. Figlio di un sottufficiale dei carabinieri, si era formato a Firenze fra gli ambienti artistici e letterari dell’epoca. E come ogni giovane di buone promesse che si rispetti, coltivava ambizioni poetiche e culturali. Ciò non toglie che già nel ’34 entra a far parte dei servizi segreti militari. Gli viene affidato un compito congeniale: una borsa di studio in storia dell’arte in modo che, sotto copertura, possa trasferirsi in Germania e raccogliere informazioni sui progetti d’invasione dell’Austria. Siviero è allora un convinto fascista: crede che il regime porterà al miglioramento e allo sviluppo del paese.
COSÌ SERVE fedelmente il regime. Ma l’agente segreto non è un bieco esecutore: la sua avversione al fascismo (documentata dalle pagine del suo diario) cresce man mano che questo mostra la sua faccia più ripugnante, raggiungendo l’apice con l’avvento delle leggi razziali, che Siviero considera infami. Ecco allora che passa a lavorare con gli alleati: raccoglie informazioni e fa da tramite con la Resistenza fiorentina. È in questo momento, fra il ’43 e il ’45, che diventa il salvatore dei nostri capolavori: si mette di traverso ai progetti nazisti di far incetta dei tesori d’Italia per compiacere volgari collezionisti della domenica. Ecco allora che questo elegante signore, che conosce le opere d’arte come un critico raffinato, inizia rocambolesche operazioni di salvataggio: fughe con quadri sottobraccio, improbabili travestimenti da frate per nasconder sotto il saio tele di valore inestimabile e altre centinaia di azioni degne d’un romanzo d’avventura.
Ognuna meriterebbe d’esser raccontata. Come quella per salvare i quadri di Giorgio De Chirico nella sua villa di Fiesole, abbandonata per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi: Siviero si traveste da ufficiale della polizia e va a portar via i quadri sotto gli occhi, incoscienti e ignoranti, dei militari tedeschi. Ma forse il salvataggio più importante è quello dell’Annunciazione del Beato Angelico, che Göring voleva per la sua collezione: Siviero, carpita l’informazione, con due frati va al convento di Piazza Savonarola di Firenze e porta via il dipinto un giorno prima dell’arrivo dei tedeschi. L’attività dello 007 dell’arte (come sarà soprannominato) è tale che, alla fine della guerra, De Gasperi lo incarica ministro plenipotenziario per il recupero delle opere d’arte. È così che riporta a casa centinaia di opere. Ma alcune ancora mancano. Perciò il James Bond dell’arte inizia a tessere una fitta rete di informatori, antiquari accondiscendenti, belle donne da sedurre: con estrema abilità e un’elevata dose di spregiudicatezza scova e recupera opere come la Danae di Tiziano, che Göring si era fatto regalare per il compleanno per abbellire la sua camera da letto; o anche l’Apollo di Pompei che Hitler teneva in casa; per finire con il discobolo Lancellotti, la straordinaria copia romana del Discobolo di Mirone. E poi Bruegel, Tiziano, Raffaello, il Parmigianino e molti altri.
SIVIERO muore nel 1983, lasciando alla regione la sua casa come museo. Negli ultimi anni aveva denunciato sempre più la cecità della classe politica rispetto ai beni culturali. Oggi bisognerebbe ricordarsi di più di Siviero e domandarsi se davvero possiamo permetterci che il suo immenso lavoro risulti inutile. Perché questo sta succedendo: Siviero ha difeso le nostre opere dai nazisti ma nulla ha potuto e può contro il loro più acerrimo nemico: l’incuranza di chi dovrebbe averne cura.

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