lunedì 4 novembre 2013

Archeo horror. Così duemila anni fa nacquero zombie e vampiri

Il libro di Flegonte 
è un campionario di tutte le creature mostruose 
messe in scena dalla letteratura moderna

Marino Niola

"La Repubblica",  
29 ottobre 2013

La ficata di essere un morto vivente è che non devi più fare jogging. Lo dice uno dei personaggi del film Dylan Dog, dead of night. Ma in realtà anche senza correre, zombies, vampiri e altre creature delle tenebre hanno fatto lo stesso tanta strada. Perché hanno il passo lungo e inesorabile di chi arriva da molto lontano. I revenants hanno sulle scarpe la polvere dei secoli perché avanzano verso di noi da duemila anni. Come un quarto stato del soprannaturale. Molto prima di essere richiamati in vita dalla letteratura gotica ottocentesca. O dal fantasy e dall’horror contemporanei. E adesso sappiamo anche dove e quando è cominciato il loro viaggio dal termine della notte. A dircelo è Flegonte di Tralle, vissuto nel secondo secolo dopo Cristo, nel suo favoloso Libro delle meraviglie. Un manoscritto nascosto per più di mille anni nel palazzo imperiale di Costantinopoli e poi misteriosamente approdato all’università di Heidelberg, dove è ancora custodito. La prima edizione a stampa del testo originale greco viene impressa a Basilea nel 1568. E solo adesso esce in italiano in un’edizione curata splendidamente da Tommaso Braccini e Massimo Scorsone per Einaudi (Il libro delle meraviglie e tutti i frammenti, pp. 111).
L’autore era il segretario di Adriano, il crepuscolare imperatore-poeta immortalato dal romanzo di Marguerite Yourcenar. Che attribuisce proprio a Flegonte la paternità del primo racconto di paura della storia. In effetti, il Libro delle meraviglie è un’autentica archeologia dell’orrore. Uno zibaldone dell’occulto che contiene in nuce tutti i motivi e i plot che nel corso dei secoli successivi alimenteranno l’immaginario noir. Spettri-cannibali, mostri assetati di sangue, cadaveri animati, teste tagliate che parlano da sole, insomma un impressionante palinsesto del pulp al tempo della Roma imperiale.
La protagonista indiscussa del volume è Filinnio, una ragazza di Anfipoli, in Macedonia, che muore all’indomani del matrimonio, ma dopo un po’ rientra nel suo corpo e torna ogni notte nella casa natale, dove seduce un giovane ospite dei suoi genitori. L’uomo non sospetta neanche lontanamente di aver fatto sesso con un revenant e quando lo viene a sapere si uccide per l’orrore. Mentre il cadavere della ragazza viene bruciato a furor di popolo per impedire che torni ancora dall’aldilà. Vampira e pure mangiatrice d’uomini, la morta innamorata uscita dalla penna di Flegonte è insomma la madre di tutte le femmes fatales dell’immaginario, occidentale e non solo. Sono sue figlie la celeberrima sposa di Corinto di Goethe, nonché Carmilla, la pallida succhia sangue nata dalla fantasia dell’irlandese Sheridan Le Fanu. E la romanticissima Arria Marcella di Théophile Gautier che, morta a Pompei durante l’eruzione del 79 dopo Cristo, resuscita dal suo sonno millenario in pieno Ottocento, giusto per fare innamorare perdutamente un giovane archeologo francese in visita agli scavi. Ma è della famiglia anche la fremente Lucy Westenra di Bram Stoker, aristocratica fanciulla vittoriana che, dopo essere stata addentata e uccisa da Dracula, abbandona nottetempo il sepolcro per saltare addosso al suo sprovveduto fidanzato. E, più vicino a noi, le sexy-trapassate che fanno l’autostop nelle leggende metropolitane. Tutte discendenti della rediviva di Anfipoli.Che un teorico del terrore letterario come Howard P. Lovecraft considerava l’indiscussa patronessa di tutti i non-morti che, per un eccesso di attaccamento alla vita, finiscono per perdere la testa. Ma, a differenza dei vampiri della letteratura e del folklore, le teste tagliate che popolano le storie di Flegonte restano vive e vegete. E per di più hanno un altissimo quoziente di intelligenza. Tant’è vero che parlano molto e sempre a ragion veduta, fanno profezie, danno consi-gli, recitano poesie e cantano. Proprio come quella del mitico Orfeo. Staccata di netto dalle menadi invasate dallo spirito di Dioniso e gettata come una zucca nell’Ebro, discende il fiume fino al mare e fa rotta per l’isola di Lesbo senza mai smettere di cantare per tutto il tempo della traversata. E, per aggiungere meraviglia a meraviglia, la lira dello sposo di Euridice solca le onde seguendo la scia della voce melodiosa del pupillo delle muse. E addirittura ascende con lui al cielo dando vita alla costellazione della Lira.
Crani modulari per corpi interinali. Prototipi di quella poetica dello smembramento somatico che rende le parti più significative del tutto. Nel thriller antico come nella moderna società dello spettacolo. Nell’arte come nella mitologia. Nello splatter come nella pornografia.
In questo senso i personaggi fantastici di Flegonte assomigliano in maniera impressionante a quelli dei tanti protagonisti di fumetti, cartoons, videogiochi e gruppi rock che affollano la mitologia contemporanea. Come Deadpool, il supereroe Marvel la cui capoccia zombie è tutta un’esternazione, una parlantina dissacrante e un po’ saccente. E come il facondissimo Morte, teschio parlante e fluttuante di Planescape Torment, un videogioco di culto degli ultimi anni Novanta che, tra una reincarnazione e una riapparizione, fa sfoggio di una stupefacente affabulazione. E, su tutti, i Talking Heads che sono la vera ciliegina sulla tomba di Flegonte.

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